La sindrome di Tourette di Gabriele

La sindrome di Tourette di Gabriele

Gabriele nasce il 13 dicembre 2004, la notte di Santa Lucia.
Sanissimo e splendido. Il nostro dono più prezioso.

Fosse stato per lui saremmo andati a casa dopo i tre giorni canonici del parto naturale ma io avevo subìto il secondamento manuale. Ero debole, tanto che sono riuscita ad allattarlo solo per qualche settimana e poi sono dovuta passare, con grande dispiacere, al latte artificiale.

Cresce bene, prende peso ed è molto reattivo. Estremamente sensibile ai rumori, ai suoni. Ama il silenzio e la tranquillità. Inizia a dormire tutta la notte saltando la poppata notturna a soli tre mesi e mezzo.

Soffre di coliche molto intense tutti i giorni dalle 17 alle 24. Per settimane.
A cinque mesi inizia lo svezzamento con due cucchiaini di mela grattugiata che gli provocano una forte colica. Quindi procedo con cautela.

Fin dai primi anni soffre di verminosi che la pediatra mi fa ripetutamente sopprimere con Vermox e Combantrin.
Effettua tutti i vaccini senza avere alcuna reazione.

Poi arriva il momento della scuola materna a tre anni e mezzo e Gabriele inizia ad ammalarsi a raffica, con febbri alte e mal di gola talmente sovente che i primi due anni della materna non li frequenta per nulla.

La pediatra continua con la sua solita frase di rito : “Se dopo tre giorni la febbre non passa bisogna dare l’antibiotico”.
Poi aerosol con cortisone e naturalmente tachipirina per abbassare la febbre (che io non ho quasi mai somministrato perché già l’antibiotico mi sembrava tanto).
Nurofen, che gli dò solo una volta perché mi accorgo che diventa tutto rosso intorno alla bocca e gli provoca diarrea.

Io mi affido e penso tra me e me: “Se lo dice lei che è un medico sarà sicuramente necessario dare l’antibiotico.”

Arriva al punto di prescriverne 7 in un anno. Tutto scritto sul diario della salute. Ma Gabriele peggiora sempre di più.

Le maestre mi consigliano addirittura di fargli frequentare un quarto anno di asilo perché non è pronto per la scuola primaria. E noi accettiamo perché effettivamente sappiamo che è così.

Poi l’ennesima febbre a 40.
Alchè finalmente mi risveglio da tutto il torpore mentale in cui ero immersa e mi fermo a pensare se è davvero necessario prescrivere tutti questi antibiotici, se non siano proprio questi ad aver reso estremamente fragile e malato mio figlio.
Decido di chiedere una visita a domicilio ad un medico antroposofico che gli diagnostica una polmonite e stomatite. Mi aiuta, dai quattro anni in poi, a non somministrare più tutti questi farmaci.

Ma Gabriele non migliora. Continuano le febbri altissime 39/40 con allucinazioni visive, poi ripetute tonsilliti.

Al mare ha l’abbonamento all’impetigine. Gli basta entrare a contatto con la sabbia una volta e dopo poche ore l’infezione alla pelle è già in atto.

Faringiti circa due al mese. Otiti, catarro perenne, bronchiti, influenze intestinali.

Poi all’età di 5 anni, seduto sul divano a guardare i cartoni animati, noto che sbatte le palpebre degli occhi ripetutamente. Ricordo ancora che ho pensato ingenuamente che forse gli stava dando fastidio la luce dello schermo della televisione. Magari fosse stato quello. I giorni seguenti ha iniziato a tirare su col naso, di continuo ed è andata avanti così per un po’ di mesi, anche al mare, anzi lì era ancora più frequente. Tosse stizzosa continua, come avesse sempre qualcosa di irritante.

Alla fine della prima elementare sono arrivate le difficoltà a scrivere in corsivo, a fare i conti di matematica, a concentrarsi per lungo tempo. L’impugnatura della penna era ed è disastrosa. Scoordinato nei movimenti, impacciato e goffo. Problemi di motricità fine. Non riesce ad allacciare le scarpe, ad abbottonare bottoni, a prendere la palla al volo, a saltare a piedi uniti, a saltare un ostacolo. Sbatte dappertutto e gli cadono le cose dalle mani. Non riesce a ritagliare con le forbici. I tics sono poi via via aumentati fino ad essere in alcuni periodi ingestibili ed invalidanti.

Nello stesso tempo scuoteva la testa di lato, contraeva i muscoli della pancia ed i glutei, sbatteva gli occhi, si rannicchiava sulle ginocchia per toccare ripetutamente il pavimento, toccava più volte gli oggetti e le persone che gli stavano vicino, emetteva dei grugniti o degli strani vocalizzi con la bocca, ripeteva suoni o parole che sentiva, stendeva le braccia, le gambe.
Faceva sempre la stessa domanda. Quando andava a letto si sdraiava poi si tirava sù per poi ricoricarsi e andava avanti per ore. Era tutto un sussulto, sembrava attraversato da una continua scossa elettrica.

Siamo andati avanti così per mesi, nessuno sapeva darci una spiegazione.

Mi faccio fare un’autorizzazione speciale dalla dirigente scolastica su richiesta della npi (una mia iniziativa) per andare a prenderlo a scuola a metà giornata perché non regge il tempo pieno. Troppo faticoso per lui. Nonostante questo non riesce a concludere l’anno scolastico a causa di tutti questi tics.

All’età di 8 anni la npi abbozza la possibilità della Pandas e ci consiglia di somministrare un antibiotico per 30 giorni. La situazione non cambia. Quello credo sia stato il colpo di grazia.

Fino a quando ci siamo rivolti all’Ospedale Regina Margherita, e la dottoressa interpellata, dopo tutti gli esami, test psicologici, domande a noi genitori, le analisi del caso, ci consegna la diagnosi clinica di Sindrome di Tourette. Patologia cronica ci dicono.

E ci assicurano che ci avrebbero contattati dopo tre mesi per la rivalutazione del caso. Stiamo ancora aspettando adesso….

Nel tempo la sindrome ha manifestato altri sintomi veramente devastanti come il disturbo ossessivo compulsivo, che è quello che ti porta a reiterare pensieri e comportamenti fino alla perdita di controllo, come il mettere in ordine maniacale oggetti che poi non possono essere  assolutamente in alcun modo toccati da altri, spolverati, guardati, sfiorati perché, se questo accade, chi soffre di questo disturbo è come se impazzisse e perdesse totalmente la lucidità. A mio figlio succedeva che continuasse a chiedermi se i suoi giochi fossero in ordine, li controllava, li ricontrollava, e li ricontrollava ancora e, se secondo lui si erano mossi anche solo di una frazione di millimetro, perdeva totalmente il controllo, si picchiava, si tirava i pugni sulla testa oppure la sbatteva contro il muro o contro l’armadio, si graffiava il viso. Crisi di autolesionismo puro.

Un giorno ricordo che mi ha preso il braccio e me lo ha storto fino a farmi male e quando l’ho guardato negli occhi era come se si fosse trasformato in qualcuno che non conoscevo. Non potevo mettere i coltelli a tavola perché se li puntava al petto. Quando poi si calmava un po’ iniziava a piangere per ore, chiedendomi di farlo morire, di ucciderlo perché non voleva più soffrire in quel modo.

Ed io col cuore che sanguinava, me lo stringevo tra le braccia cercando di consolarlo e di tranquillizzarlo. Il senso di impotenza era distruttivo. Avremmo voluto morire.

Gabriele era prigioniero dei suoi pensieri, dei suoi stessi pensieri che lo schiacciavano, lo terrorizzavano, lo tenevano in un stato continuo di ansia e paura. Paura di mille cose diverse ed imprevedibili. Del buio, degli insetti, degli estranei, delle novità, di dormire da solo nel letto, dei rumori, tante, troppe cose.

Al culmine di queste crisi diverse volte Gabriele ha tentato di buttarsi giù dalla finestra del bagno o dal balcone. Io non lo perdevo mai di vista. Non andavo neppure in bagno se non potevo vederlo. Era un incubo che condividevamo.

Non potevamo neanche invitare un amichetto a casa, perché non è facile far capire alle persone che certi oggetti non si possono assolutamente toccare, non per gelosia, ma per non far scatenare l’ennesima crisi. Anche mia madre non ha mai saputo di queste crisi; gliele ho sempre tenute nascoste per non farla preoccupare, fino a quando un pomeriggio ha assistito ad una di queste, e ne è rimasta devastata.

Lo vedevo ogni giorno sprofondare in un cupo silenzio, in un baratro dal quale non riuscivo a tirarlo fuori.

Intanto la npi dell’asl, dalla quale era in cura, gli aveva già prescritto più volte le benzodiazepine per cercare di stemperare i tic, ma alla fine risultavano utili solo perché lo sedavano non perché lo stavano curando. Quando si smetteva, lui ricominciava.
Quindi la npi ci propone uno psicofarmaco antidepressivo che avrebbe dovuto diminuire le ossessioni perché, così diceva, non potevamo lasciarlo. Certo, lo sapevo anche io che non potevo farlo vivere così.

Accettiamo solo per disperazione con opinioni agli antipodi pur essendo assolutamente contrari. Ma almeno nel nostro caso il farmaco non ha avuto l’effetto desiderato anzi ha accentuato i tentativi di suicidio e le crisi violente.

Lo vedevo rallentato nei movimenti, senza un’espressione definita, lo sguardo spento. A questo punto la npi ci propone un altro psicofarmaco utilizzato nel trattamento della schizofrenia e dei sintomi della depressione maniacale associata al disturbo bipolare. E che viene inoltre utilizzato per alleviare l’irritabilità nei bambini autistici.

Noi ci rifiutiamo categoricamente.
Faccio presente che mio figlio non assumerà più farmaci.
Intanto le mie personali ricerche su come aiutare Gabriele continuavano, notte e giorno; studiavo i sintomi di questa sindrome per cercare di capire, di mettere insieme i tasselli.

Quello che è successo a Gabriele è stato un insieme di fattori che lo ha portato a tutto questo. Compresi i vaccini che ho interrotto nel 2012 perché, seguendo il mio istinto di mamma, sentivo che non gli avrebbero fatto bene.

Allora cerchi di mettere da parte i sensi di colpa che tanto non servono a niente e non migliorano la situazione e cerchi una cura per aiutarlo a stare bene, a guarire, per farlo tornare a sorridere.

Il medico antroposofico aveva provato ad aiutarci prescrivendo a Gabriele rimedi omeopatici che però non funzionavano perché, ho compreso in seguito, erano rimedi sintomatici e poi lavoravano sul piano psicologico; ma sentivo che il problema era prima di tutto… fisico.

Una notte leggo di questo esperto di Tourette in Lombardia che cura molte persone che arrivano da tutta Italia. Ci rechiamo in visita e dà a Gabriele degli esercizi motori da ripetere tutti i giorni a casa. Oltre a rituali particolari che avrebbero dovuto lavorare sulla sensibilità tattile come, ad esempio, premere i polpastrelli delle mani con una spazzola rigida per il bucato; gattonare sul pavimento ed oscillare in equilibrio su di una tavola basculante. Occhiali da sole con lenti interne ed esterne rigorosamente blu. La sua teoria era che Gabriele aveva saltato la fase dello “striscio” precedente al gattonamento.
Facciamo tutto ma, dopo la terza visita, rimaniamo spiazzati dal rifiuto che Gabriele ha nei confronti di questa persona.

Mi rendo conto che non è la strada giusta, che non è un caso se Gabriele non è a suo agio. Forse è un segno che bisogna cercare ancora.

La sera del rientro dall’ultima visita, Gabriele mi si avvicina e mi dice: “Mamma scusa…” e “Per cosa?” gli chiedo. “Per tutti i problemi che vi creo”.

Questo anche in riferimento al pagamento della visita a cui aveva assistito in mattinata. Gabriele aveva 9 anni.

Ci sono voluti quasi 7 anni da quando ha iniziato ad avere i tics a 5 anni, per arrivare a trovare la cura omeopatica del terreno e che sta facendo rinascere Gabriele una seconda volta. L’abbiamo scoperta grazie ad una persona che mi sta aiutando e che mi ha fatto capire che esistono diversi approcci omeopatici.

Durante un colloquio telefonico mi ha parlato della cura omeopatica del terreno dei medici della Scuola Sisdoh di Torino e mi ha dato il numero della dottoressa Favole, che ora sta curando Gabriele. Appena lo ha visto, ascoltato la sua storia e visitato, ci spiega che è tutto provocato da una seria parassitosi intestinale.

Gabriele ha i parassiti nell’intestino che hanno scatenano così un’intossicazione profonda conseguente ad uno stato di acidosi metabolica trascurata nel tempo ed aggravatasi sempre di più. Quindi bisogna curare prima di tutto l’intestino e l’alimentazione.

Nel frattempo, in attesa della visita, avevo visto i video delle conferenze del dott. Greco e quando la dottoressa Favole ci riceve, in quel momento io riesco a dare una spiegazione a tutti i sintomi di Gabriele. Riesco finalmente a fare il quadro completo di tutto il malessere di Gabriele e chiudo il cerchio.

Nessuno fino a quel giorno era stato in grado di fornirmi una spiegazione valida e plausibile ai comportamenti di Gabriele, tanto meno una cura adeguata. Quando domandavo l’origine di questo quadro clinico mi veniva risposto dai medici e neuropsichiatri che era sconosciuta, altre volte che probabilmente si trattava di un disturbo neurologico su base ereditaria.

Come prima cosa chiedo alla dottoressa di aiutarmi a togliere lo psicofarmaco perché ho la certezza che non funziona e che soprattutto la salute di mio figlio non deve dipendere da un farmaco, tanto meno da uno psicofarmaco di questo genere.

Lei è una splendida persona, scrupolosa, attenta e sensibile nei modi e con le parole. Non è da tutti nemmeno questo. Sono felicissima di essere seguita da lei.
Alimentazione sana e cura omeopatica del terreno. Questi i pilastri fondamentali della terapia.

Gabriele sta tornando alla vita, quella vita degna di essere vissuta; si sta riprendendo ciò che gli era stato strappato. Lo vedo ogni giorno rifiorire con occhi diversi e sereni come non gli vedevo da molto tempo.

Esattamente un anno fa abbiamo cambiato casa. Gabriele era in cura da 5 mesi solamente ma sono bastati per aiutarlo ad affrontare serenamente il trasloco.
Pensare di trasferire tutti i suoi Lego, oggetti indiscussi delle sue profonde ossessioni, sarebbe stato impossibile prima.

Ma con questa cura ci siamo riusciti. Gabriele è stato capace di trasportare il suo mondo da una casa all’altra senza andare in crisi. Tranquillo al punto che, già dalla prima sera, ha dormito da solo nel suo letto senza avere più tutta la paura che prima lo paralizzava.

È stato un grandissimo passo per lui. Ed una vittoria indiscussa per noi.
Questa cura omeopatica del terreno ci ha ridato la speranza che ci era stata tolta quando i medici ci parlavano di patologia cronica.
Ora sappiamo che non è così.
Abbiamo capito che tutto aveva origine nell’intestino fortemente compromesso da antibiotici, vaccini, alimentazione scorretta. Abbiamo compreso quanto sia vitale alimentarsi in modo adeguato scartando a priori tutto quello che ci viene propinato da un’industria malsana e corrotta. Ho rivoluzionato il modo di fare la spesa e di cucinare.

Sto imparando che il risultato arriva sempre se si è disposti a cambiare. Cambiare idea, abitudini, convinzioni. Ripulire la vita da tutto ciò che prima era quasi indispensabile ed ora non lo è più.

Cambiare per far guarire, per far star bene se stessi ed i propri familiari. Cambiare per capire che la cura omeopatica del terreno è profonda e potente e che ogni acuto è una benedizione che accorcia di qualche passo il cammino verso la guarigione. Ora sappiamo che con l’impegno e la costanza si portano a casa grandi risultati.

Infatti le crisi di autolesionismo si sono diradate fino a scomparire e piano piano Gabriele si sta aprendo alla vita così come un ragazzo di 14 anni ha il diritto di fare.

Gabriele è tornato a sorridere, si sveglia di buon umore; ora se si accorge che i suoi oggetti sono spostati non perde più il controllo. Gli dà ancora disturbo ma riesce a controllare le emozioni e le frustrazioni che prima non sopportava e non riusciva a sostenere. I tics sono ancora un po’ presenti, a tratti, anche a seconda delle emozioni che prova, gioia o nervosismo. Ma non più invasivi come in passato.

A scuola la professoressa di matematica mi ha detto che non pensava che sarebbe riuscita a fargli imparare certi argomenti. È stupita. Perché nota che la mente di Gabriele è più lucida e pronta ad elaborare informazioni. Stiamo togliendo il velo che non gli permetteva di recepire correttamente gli stimoli esterni.
Durante le interrogazioni di storia parla di argomenti che la professoressa non ha ancora spiegato con dovizia di particolari e aneddoti.

I professori mi hanno fatto presente che Gabriele si è ben inserito nel contesto della classe. Si è squarciata la sua chiusura, cerca i suoi compagni per condividere i momenti dell’intervallo e loro cercano lui. L’apertura di Gabriele ha lasciato senza fiato gli insegnanti che mi raccontavano che, prima della cura, sembrava un pulcino bagnato. Ora, mi confida la professoressa di musica, sembra un altro ragazzo.

Questi cambiamenti mi danno conferma che siamo sulla strada giusta, perché Gabriele migliora giorno dopo giorno. Negli ultimi giorni ha avuto una lunga bronchite che ha lasciato il posto al cambiamento sul piano della socializzazione. Si è aperto di più al dialogo e racconta avventure di scuola come non aveva mai fatto prima! Non è più solitario e taciturno.

Se prima se ne stava sempre chiuso nella sua camera, in silenzio, ora mi viene a cercare volutamente per parlare con me. Si siede sul divano e mi parla dei suoi compagni, mi racconta quello che pensa e spunta quel sano confronto tra madre e figlio che prima non c’era mai stato.

Anche il papà che all’inizio era scettico, ha notato inevitabilmente il grande cambiamento in Gabriele e gli ha dato molta più fiducia in questa cura. E questo spero che possa essere di aiuto a tutti coloro che hanno delle riserve sulll’omeopatia del terreno perché, se messa in pratica nel modo giusto, in maniera seria e competente, può veramente ribaltare una situazione disperata come la nostra.

Ora sono certa che vivrà una vita degna di essere chiamata tale e che i suoi sacrifici dovuti ad una alimentazione limitata stanno regalando benefici impagabili.
Siamo all’anno e mezzo di cura iniziata con la prima visita con il dottor Greco e la dottoressa Favole il 18 gennaio 2018, una data che non potrò mai dimenticare. La sera in cui siamo approdati all’ambulatorio della Scuola Sisdoh, che si occupa di diffondere il più possibile questa cura omeopatica del terreno, attraverso una rete fitta di medici preparati e che operano in molte regioni italiane, quindi a livello nazionale. Desiderosi di far conoscere il più possibile il loro lavoro finalizzato esclusivamente a portare aiuto e speranza a tutti quei genitori che, come noi, sono stati abbandonati dalle cure allopatiche e che hanno dovuto ingegnarsi da soli per cercare di sopravvivere ad una realtà difficile da gestire e capire.

Continuiamo questo percorso di cura con l’entusiasmo del primo tubetto di granuli, con la certezza che arriveremo al traguardo, quello che renderà Gabriele un adulto sano ma soprattutto sereno.

Mio marito ed io saremo sempre grati al dott Greco e alla dottoressa Favole per averci fatto conoscere questa cura che ha ridato il sorriso a nostro figlio ed alla nostra famiglia. Un sorriso che potrà essere indossato da altre famiglie come la nostra, se riusciranno a trovare la determinazione e la forza di seguire un cammino differente ma ricco di speranza, lontano dai pregiudizi che spesso precludono il raggiungimento della meta desiderata.

La mamma di Gabriele.